Flavio B. Vacchetta

Accecato da Bellezza

Prendere spazio

in breve posto

e posto

in breve spazio

Convivo da passanti

con in tasca

uno smarrimento,

nella borsetta

tale languore

elegante

onnicomprensivo

da cotanto vitalizio

improvviso

punto

d'invenzione

e poi dico

lascia palpitare

questo digiuno

senza ferocia

sognalo

astratto

è perché

m'associo

in migrazioni nascoste

notturne e composti

antichi

con le parole

del tuo volto

illuse

poi mi dicono

che ci minaccia, vuota

una bianca

irrimediabile

scadenza

quale?

rispondi...

nota della curatrice:

l'incipit è consegnato all'uso dell'allitterazione; il poeta affida al "digiuno" una pienezza autentica che passa nella dimensione autentica del sogno; la tanto attesa risposta non è necessariamente verbale. La Bellezza acceca, fuggevole quanto mai determinata a sconvolgere il poeta (Cristina Raddavero).


La gioia della morte

Si costruisce

un giorno di fiori

all'altare

movimento quietoso

muore ciò

che è:

se lieve

muore d'istante

se appesantito

si perde in segni

se in controluce

svapora

fshhhhhh...shhhhhh

intravedo

nei miei occhi fossili

gomitolo di labirinto

alluvione di camposanto

e tu?

Evasione poetica

Me

mai

ci guardava

mi stancano

più le parole

che la luce

degli alberi

ma...

e le pietre

che futurizzano?

Oh..mi

la banca

e la barca:

remi spezzati

nodi incavi

al guado

la nostra vita

a pezzi

saranno i nostri morti

a penetrare le ossa?

Consòle

o consolle

d'alba?

Si sa

se succederà

e sia!

La roccia in soffio

intreccio in polvere

strada, dico

luce

ombra

vita (morte della morte)

piange la voce

immobile

il vecchio bagliore

si muove

o riposa?

Forse che

muore?

Nota della curatrice:

Natura/Uomo nella lirica qui presentata. Richiamo a Bordighera e al luogo di lavoro di una vita e un vecchio bagliore interroga l'uomo. Se c'è riscatto è nei versi, nella poesia unica via percorribile dal poeta.

(Cristina Raddavero)

Nota critica

Nelle due liriche segnalate i versi del poeta sono scanditi in coreografie ancora una volta saldamente ancorate alla geografia dell'anima nel "gioco" ispido quanto mai morbidamente coinvolgente della Bellezza e nella ingestibile dimensione della morte esperita in un'architettura verbale, in quel si costruisce/un giorno di fiori che ai piedi dell'altare svapora in un sussurro onomatopeico di dirpomenete effetto acustico-emotivo. Questo è Flavio, la sua poesia, il prendere spazio/ in breve posto e posto/in breve spazio. Qui si addensano le scelte stilstiche, ma ancor prima i motivi esistenziali di una poesia ove i contenuti calibrano il verso, il simbolo la realtà, l'angoscia la gioia, l'eterno il tempo. Qui ci si avventura nella consapevolezza di un "io" narrante che diventa "noi" partecipante nella fruizione di liriche che sanno essere improvviso/punto/ d'invenzione . Flavio intuisce qui il verso prima di scolpirlo sul foglio bianco e quand'anche scolpito, reso nitido dal suo farsi parola, lo affonda nella dimensione di una visceralità senza precedenti che nella recente produzione poetica si affaccia via via senza riserve, per prossimità alle categorie della vita che ne cifrano il ritmo a passo di danza sanguigna in cui nulla viene lasciato all'anemia o a carenze che non siano quelle dello smacco della finitudine dell'uomo. Ma forse, qui sta il punto di partenza, quel punto di invenzione che non riesce a fare domo il suo poetare.

Crisitna Raddavero.



…Flavio B. Vacchetta
è nato a Bene Vagienna (Cuneo) dove vive e lavora.
Ha pubblicato diverse raccolte poetiche: Nel segno della bilancia(2000), Silente meridiana (2001, prefazione di F. Piccinelli), Sorgenti (2002), Universo vagabondo (2003), Altra metà (2005, prefazione di M. ella Ferrera), Akeldamà (2009, prefazione di G. Bàrberi Squarotti e M. ella Ferrera) È presente in numerose antologie letterarie: Antologia dei poeti contemporanei (Penna d’Autore), Nuove declinazioni (Edizioni oker), Albero degli aforismi (Lietocolle). Appassionato di astronomia ha fondato il “Gruppo Astrofili Benesi” e collabora con l’Uai (Unione Astrofili Italiani). Il connubio fra astronomia e poesia si ritrova in una recente mostra fotografica e in un dvd, da lui curati e dedicati all'"astropoesia".

Commento critico:

Il brogliaccio (della poesia) di Flavio B. Vacchetta è la Vita , ex professo, sillabata dall’alfa all’omega. Un “vocalizzo” ove tutto è possibile e la con-versione dei suoni si proietta in immagini “goliardiche” (etimologicamente intese come “ribelli”) pennellate di tragikòs accolto come una delle tante dimensioni dell’Uomo senza che questo vi indugi lacrimando e autocommiserando il proprio stato. Il tessuto poetico, di singolare originalità, evoca vissuti che trasmutano in sarcastiche ri-creazioni del mondo, meglio dire di quell’unus-“versus” in modo da formare un tutto; il Tutto delle rifrazioni del Tempo senza possibilità di riverberi che non siano quelli amplificati e “distesi” sull’Infinito unicamente per dilatare la Risposta provvisoria e incerta, alla Domanda provocatoria e indisponente: dal giorno che nasci/ incominci a morire/ l’universo ti appartiene/ come collana al collo/ e meridiana che calcola i tuoi giorni/ li consegna al tempo per le correzioni. Nella brevità, così come nell’estensione dei componimenti, la fragranza gaudente del linguaggio, attingibile in particolare nella sezione dedicata alla figura femminile in cui prorompe un erotismo festoso con l’identica forza dell’esplosione della parolavehiculum di “Sussurri e Grida” fatti convergere nella polarizzazione dell’Io “suscitato” in A(E)STROVERSI.
Infine il titolo della raccolta: Akeldamà (Campo di sangue) : dissonanza solo apparente nel gaudio poetico di Vacchetta, o, se si vuole, “stridore di denti” che traghetta per il “tradimento” da parte dell’Uomo “presente” nei confronti della natura e della Bellezza salvabili nella spes e nella mèta-Bellezza di cui quella terrena, fisica, corruttibile è indimenticabilmente effigie e pittura: Luce è il tuo amore/ magma freddo/ dissolto vivere/ ma bello e molto. (Commento di Cristina Raddavero)

Leggendo gli ultimi inediti di Flavio Vacchetta, inseriti nella raccolta P.U.F.(poesie uniche forse) in occasione del decimo anniversario della pubblicazione del suo primo libro di poesie, mi è balzata in mente l’arguta riflessione di Aristotele relativa al rapporto che intercorre tra corpo e anima, efficacemente supportata dall’immagine della cera e della forma della candela; la riporto integralmente: « Tra corpo e anima vige un rapporto materia - “forma”, come se l’anima fosse la vera forma del corpo. Chiedersi se corpo e anima siano la stessa cosa è una domanda priva di senso: è come domandarsi se sono la stessa cosa la cera e la forma della candela». Dov’è questo confine nelle poesie di Flavio? C’è davvero? E’ importante che ci sia? No! Decisamente no. E in virtù di questa assenza si apre al lettore il mondo di Flavio che va oltre Flavio, uomo che sospira le proprie passioni e la propria volontà bramando le passioni e la volontà dell’altro che ha innanzi, lungo crinali di lenzuola leggere, porzioni di cielo, lembi di mare, nettare di-vino,notti oblique cui non chiedere il perché … Il perché di Flavio contempla l’uomo, le proprie vicende, il proprio sentire, universalizza contenuti solo apparentemente privati e circoscritti e riesce a fondere con leggiadria e grazia fiabesca un sorriso con una lacrima, la gioia con il dolore.Il risultato finale è un’armonia incantevole in cui nulla stona, ma tutto si equilibra nella potenza della sensibilità che sfuma nella dimensione inafferrabile dell’anima attraverso la concretezza del corpo che abbiamo in dotazione. Il linguaggio resta spesso come sospeso e differito e questa foggia ritmica, questa “sospensione” più volte presente si trasforma in musicale refrain in cui vengono evocati stati d’animo i più sfaccettati, modulati sul lento svanire dei sogni o improvviso ri-apparire della realtà sulla scia del rimando aristotelico… cera e forma della candela: ingenuo rispondere o chiedersi il perché: meglio goderne appieno! Jhon Keats scriveva: «Un momento di bellezza è una gioia per sempre; il suo incanto è crescente e mai ricade in cenere…» versi adattabili a Flavio, alla sua poetica, al suo essere viaggiatore tra le stelle e camminatore sulla zolla.
(Commento diCristina Raddavero posted 26 gennaio 2011)

LA SILLOGE

Alchimie

Al mattino l’amore
ha l’odore serale
laggiù si lavora
in maniche di mutande
il muschio – mio caro –
è un pannello vellutato
per la città celeste
gli operai babilonesi
hanno amanti presso la corona inglese
i pastori di greggi
hanno l’acquavite per ristoro
all’alpeggio pascolano di erba
e si ristorano con funghi gratinati
del tempo che c’innamora
pazientemente ce ne scordiamo
le bellezze del cielo
che sfiorano le vene
le praterie con ronzio di mosche
se qualcosa mi piace è la pioggia
che mi bruca il suono
che frequenta i salotti di frutta
e dorme di ruggine mescolata
dunque di comune accordo
mescolo sole e eternità.

Uni(co) verso

Dall’universo
ci s’aspetta
un unico verso,
diverso
al sanmarco restaurant
un mucchio di calamari
(ce l’ho davanti)
parlano da soli
in gusto
non so cosa deglutire
probabilmente troppo.

Il cammino

Cammino e mi commuovo
Nella nebbia affermata
-non esiste nulla esiste-
Solo la carità della mamma
Sì quella è una benese?
No cioè sì anche un po’ artigiana
Ricammino e mi ricommuovo
Dove trovo l’utilità?
Innamorati della bellezza del mondo
Ecco cosa occorre oltre la compagna della vita
Ti rendi conto che tutto è perfetto?
Anche l’eternità.

*

Da pochi giorni lei è più bella
Con l’azzurro negli occhi e la maglietta verde
Ricamata di speranza balsamica
È, immobile, presso la fermata del tram
Sul marciapiede lastricato e sogna baci
Osserva il viso di tutti
Mescola l’amore ogni mattino
Ci chiede se la conosciamo.

A(e)troversi
6
dal giorno che nasci
incominci a morire
l’universo ti appartiene
come collana al collo
e meridiana che calcola i tuoi giorni
li consegna al tempo per le correzioni

SPETTACOLO DEL CUORE (ALLA MEMORIA DELLA MADRE)

Flavio Vacchetta trasforma le lacrime per la madre scomparsa in un momento lirico che le fa sgorgare “parola” nello Spettacolo del Cuore. L’autore affida alla poesia ciò che nella vita terrena si è interrotto generando un’onda lunga che produce vibranti effetti sonori sulle note di una musica affranta, ma, pregna delle risorse espressive generate da quella che è stata ed è l’emozione del “contatto” nel percorso-rapporto madre-figlio ancor prima dell’esser nati e nel cammino “sgranato” degli anni trascorsi l’una accanto all’altro. Le date nervose polarizzano commozione e rabbia, dolcezza e disincanto, pace e ribellione al destino che tutti attende…lo stile diventa portento di un equilibrio in cui anche le pause e i silenzi sanno dire quanto le parole. (Cristina Raddavero).

Madre

Madre, nome caro
in alto dei cieli
a tutti gli angeli presenti
madre, che improvvisamente
ci lasci orfani
ma solo sei madre
della nostra anima e della vita stessa
il tuo cuore, il tuo caldo cuore
mi tiene nascosta una verità
che io scoprirò
col mio cuore

****

Ho composto versi per il babbo
Volevi versi anche per te, madre mia
Eccoti accontentata…
Il vero problema è che tu sei allontanata da noi
Troppo in fretta, senza disturbare nessuno
Senza che qualcuno potesse offrirti
Almeno un bicchier d’acqua

***

La bianca manina
Gelida e scomposta
A lungo l’ho baciata
Accarezzandola ripetutamente
Oh madre, la tua manina
A lungo ho osservato, nella bara
E ho baciato ed accarezzato
Anche pianto e pregato
Che ritornasse alla corretta posizione

***

30.07.1929 – 20.01.2007

Nervose queste date:
come il sole illumina la terra
così lo spirito
raggiunge ogni cosa
dal balcone di casa seguivo la mamma
seguivo i suoi passi che scendevano adagio le scale
non intravedevo il corpo solo le scarpe
una strana sensazione stava per assalirmi
è l’ultima volta che l’avrei vista, da viva.

***

Vedi, cara madre mia, basta poco a morire
E la poesia ti porta a viaggiare in un momento
Di colpo, l’intero spazio, si spalanca
Ai tuoi fragili occhi
Il tutto inizia con un’emozione forte
Obiettivo della tua grande personalità
Eri la mia mamma-bambina
Ricca di grandi braccia e rossetto sulle labbra
Hai capito di morire nel sentire la nuova stagione
Del resto il tuo appellativo era MAGISTRA

***

Avverto la presenza di un’ombra
Dietro di me
Che non si stanca
Che non ha paura
Dorme accanto a me
Facendomi un regalo
Il regalo

***

Ho necessità di dirti tali parole
Affondare il cuore nel tuo sguardo
Se mai un giorno potrò, incredulo
Illudermi di ripetere
Lo spettacolo grande
Del tuo grande cuore

***

Credimi, non è facile accettare
Come le tasse
La morte è inevitabile
Avevi detto che il babbo
ti era apparso in sogno
che ti stavi preparando
ad un evento notevole,
una specie di trasloco

***

Il tuo nome
Lucci
Scritto sull’acqua
Ondeggia a balzelloni
Ora ti conosco
Madre mia
Dove vivi ora?
Madre stai con me
Per potermi dissetare
La sera t’avvolgevi i capelli
Ansiosi i tuoi riccioli
Ti chiedevi se esisteva l’amore
Come peso al cuore

***

La mamma in vestaglia
Era spesso e volentieri
Persino i passeri
Quando si cambiava
La spiavano dal balcone di casa
Volevano vedere la sua bellezza
Intravederla, intrattenerla

***

E’ scoprire che ti piaceva
Venire in cucina e cuocere il cibo
Poi raggomitolarti tra le mie braccia
Come un carabiniere fa con l’arma
Non ci siamo resi conto
D’avere una rosa sempre profumata

***

Chi sei madre mia e dove ti trovi?
Di certo io ti cerco
madre, per un’ora solo
mi è concesso di riabbracciarti
a rate?
madre per un’ora solo
mi è concesso di riabbracciarti
a rate?
 
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